venerdì 19 settembre 2008

Crisi finanziaria, una domanda a Marco ONADO

Lavoce.info - ARTICOLI

17.09.2008

Bear Stearns, Fannie Mae, Freddie Mac, Lehman Brothers e Aig: nei meccanismi della finanza qualcosa è saltato. Dove bisogna cercare le cause di questa crisi senza precedenti? E come giudicare gli interventi delle autorità americane?

"Ci sono cinque prove schiaccianti per un unico capo d’accusa: la regolamentazione finanziaria degli Stati Uniti fa acqua da tutte le parti. Come direbbe un pubblico ministero, con più atti esecutivi di un unico disegno criminoso, le autorità americane hanno alimentato la crescita più intensa della piramide di debiti che la storia finanziaria ricordi, hanno tollerato che la finanza crescesse incontrollata proprio negli aspetti più delicati dell’innovazione e hanno infine ignorato la dimensione effettiva dei rischi sopportati dagli intermediari su cui affermavano di esercitare un’occhiuta supervisione.

Nessun paese ha una frammentazione di responsabilità fra autorità di vigilanza come gli Stati Uniti, che hanno proposto al mondo i derivati, ma continuano ad affidare la vigilanza ad un’autorità diversa dalla Sec, come quando questi contratti riguardavano il succo d’arancia e il bacon (come abbiamo imparato in “Una poltrona per due” di John Landis) non strumenti finanziari per valori complessivi di trilioni di dollari.
Nessun paese ha un sistema bancario in cui sono cadute le barriere fra banca commerciale e banca d’investimento, ma si mantengono due responsabilità separate per le due categorie di banche.
Nessun paese ha tollerato in modo così smaccato che le banche formassero un vero e proprio “sistema bancario ombra” nascondendo proprie passività dirette in veicoli societari separati. Con l’aggravante per gli Stati Uniti di aver avuto lo scandalo Enron, le cui perdite erano state occultate proprio con questa tecnica. Nessun paese ha consentito che due intermediari formalmente privati esercitassero una funzione di garanzia di un settore chiave come quello dei mutui residenziali senza un’adeguata capitalizzazione e senza una effettiva autorità di vigilanza.
Come spesso accade, chi deve fronteggiare l’emergenza non era in carica al momento in cui sono stati creati i presupposti del disastro ed è quindi condivisibile l’apprezzamento per Bernanke e Paulson. Ma limitarsi a concepire i loro salvataggi come “atti dovuti” per evitare la catastrofe è ipocrita se non si denuncia con forza la gravità degli errori precedenti e non si invoca una riforma radicale della regolamentazione. E soprattutto se non si mette finalmente in discussione la leadership politica che gli Stati Uniti hanno sempre voluto esercitare in tutti i consessi internazionali della vigilanza. Le banche americane vanno con il cappello in mano dagli investitori cinesi, mentre le loro autorità continuano a pontificare nelle varie sedi. Che grande occasione politica per l’Europa, se qualcuno volesse finalmente coglierla."

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