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PIU' POTERI ALLA BCE
di Daniel Gros e Stefano Micossi 30.09.2008
Neanche le banche universali europee sfuggono alla crisi, con l'aggravante che molte sono troppo grandi per poter essere salvate da un singolo paese. Come dimostra il caso Fortis. Necessaria una risposta a livello di Unione Europea. Da attuare in due mosse. Un nuovo statuto per le banche europee con attività in diversi Stati membri, con poteri di vigilanza assegnati alla Bce. Un fondo di emergenza per i salvataggi costituito presso la Banca europea per gli investimenti.
Eurotower - Fonte: The European Central Bank
Si pensava che il sistema di banca universale europeo fosse immune alle ricadute della crisi dei subprime. Ora scopriamo invece che tutte le istituzioni finanziarie sono vulnerabili se la leva finanziaria è troppo elevata. Tuttavia, il problema principale dell'Europa non è solo la vulnerabilità delle sue banche più grandi, ma il fatto che siano diventate troppo grandi per essere salvate da un solo governo.
TROPPO GRANDI PER ESSERE SALVATE
Il salvataggio di Fortis, il gruppo assicurativo e bancario belga-olandese, mette in luce con chiarezza le difficoltà nell'eurozona di predisporre difese adeguate contro una crisi bancaria in pieno sviluppo. Non esiste una soluzione europea perché la Banca centrale europea può offrire solo liquidità contro garanzie per consentire ai mercati monetari di funzionare, ma non ha i poteri per risolvere una crisi di insolvenza. In assenza di un Tesoro europeo, tale potere lo hanno le autorità nazionali. Ma queste sono responsabili nei confronti dei propri contribuenti e sono perciò poco propense a pagare per il salvataggio di banche estere. Nel caso di Fortis è stato relativamente semplice suddividere la banca in tre parti, ma sarebbe ben più difficile farlo con altri grandi gruppi bancari europei.
Il problema è che le grandi banche europee hanno filiali, istituti separati sotto il profilo legale e di bilancio, in ciascun paese in cui operano. Allo stesso tempo, la gestione delle attività e passività è centralizzata, così come lo sono le riserve liquide monetarie: in un momento di crisi saranno richiamate dalla casa madre, mentre le filiali riceveranno in cambio titoli che si rivelerebbero carta straccia in caso di insolvenza. Se poi si ha il fallimento e i governi intervengono, diviene inevitabilmente controversa la questione della distribuzione dei costi tra Tesori nazionali e dell'uguale trattamento di creditori e risparmiatori nei diversi paesi. E tutto ciò ritarda le decisioni.
Nel caso di Fortis tre governi – Belgio, Olanda e Lussemburgo – sono stati chiamati a fare iniezioni di capitale per le filiali dei rispettivi paesi. È solo l’inizio di quella balcanizzazione del sistema bancario europeo che potrebbe presto diffondersi, a meno che non si intraprendano subito azioni decisive. Due passi sono necessari.
LA RISPOSTA EUROPEA
Primo: si dovrebbe introdurre uno statuto europeo per le banche dell'Unione o dell'eurozona con attività significative in più di uno Stato membro. Tali banche sarebbero soggette a requisiti di capitale pienamente consolidati e a meccanismi di supervisione globale, con la possibilità di accedere alla liquidità della Bce in caso di crisi. Con la stessa legge, si dovrebbe creare una nuova autorità di vigilanza con sede a Francoforte, preferibilmente all'interno della stessa Bce, ma anche una istituzione esterna dovrebbe essere obbligata per legge a cooperare pienamente con la banca centrale in tutte le sue attività.
Secondo: all'interno della Banca europea per gli investimenti si dovrebbe istituire un fondo di emergenza allo scopo di organizzare le operazioni di salvataggio a livello europeo. La Bei è già una agenzia pubblica che emette titoli garantiti per finanziare le sue operazioni e il suo consiglio dei governatori è composto dai ministri delle Finanze dei paesi membri. Il fondo di salvataggio potrebbe perciò diventare operativo in poche settimane. Si dovrebbe solo consentire alla Bei di acquisire il capitale azionario di istituzioni finanziarie in circostanze ben determinate e di emettere i relativi titoli garantiti.
Si potrebbe anche fare di più e consentire alle autorità europee di agire preventivamente per bloccare il contagio, o perlomeno renderlo meno probabile: costringere le banche europee fortemente esposte e con operazioni su più paesi a ricapitalizzarsi o ad accettare fondi pubblici. Per esempio, un'iniezione di capitale di 280 miliardi di euro sarebbe sufficiente a ridurre la leva finanziaria delle dieci più grandi banche dell'area euro dal valore attuale di 33 a livelli inferiori a 20. Ciò sarebbe sufficiente a restaurare la fiducia dei risparmiatori e ridurre così il rischio di massicci prelievi di liquidità. L'investimento potrebbe essere ritirato una volta che le condizioni di crisi dei mercati finanziari iniziassero a recedere.
L'aiuto della Bei dovrebbe avere caratteristiche tali da preservare il valore dell'investimento di denaro pubblico e far sì che coloro che hanno sbagliato ne paghino le conseguenze. Così, il prezzo (per le azioni privilegiate) dovrebbe essere tale da proteggere il valore dell'investimento, mentre il management delle banche dovrebbe essere sostituito.
Viviamo tempi straordinari: i politici europei non possono continuare a perdere tempo. L'attuazione di queste semplici proposte permetterebbe di anticipare gli eventi della crisi. Rimanere indietro è estremamente costoso, come gli Stati Uniti hanno già scoperto.
Foto: La Eurotower di Francoforte, sede della BCE
Fonte: The European Central Bank
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