venerdì 21 novembre 2008

UNA BOLLA FINANZIARIA NEGATIVA di Pietro Draghi e Loriana Pelizzon 21.11.2008

LaVoce.info - Articoli

La crisi finanziaria si fonda su quattro elementi strutturali e comportamentali: (i) la struttura monetaria incentrata sulla fissazione dei tassi di interesse da parte della banca centrale abbinata a una prolungata politica di bassi tassi di interesse a breve termine, (ii) prodotti finanziari innovativi che hanno facilitato l’espansione del credito in modo massiccio e trasferito il rischio di insolvenza, (iii) alcune lacune nella regolamentazione delle istituzioni finanziarie, (iv) la presenza di carenze di valutazione dei rischi delle attività finanziarie da parte delle società di rating. (1)
Il recente summit dei G20 a Washington ha ribadito la rilevanza di alcuni di questi aspetti e ha sottolineato come, durante il periodo di forte crescita globale, si siano sottostimati i problemi legati alla liquidità dei mercati e si siano sottovalutati i rischi. Come è stato possibile? A riguardo si è già scritto molto nell’ultimo anno, ma riteniamo importante dare una rilettura della crisi basata su questi quattro elementi perché deve essere posta alla base delle soluzioni attuate e proposte per l’immediato e per il medio-lungo periodo.

COSA È SUCCESSO?

Nel periodo che va dal terzo trimestre 2001 al primo 2005, la Federal Reserve Bank ha fissato tassi nominalmente bassi, in alcuni momenti inferiori al tasso di inflazione. Questi hanno causato tassi reali prossimi a zero o negativi negli anni dal 2002 al 2004 e al di sotto dell’1 per cento nel 2005.
I bassi tassi di interesse hanno causato una forte convenienza a espandere gli impieghi da parte delle aziende di credito in tutti i settori e in particolare in quello dei mutui immobiliari. Il processo espansivo del credito è stato potenziato dalla nascita di nuovi prodotti finanziari: i prodotti strutturati e in particolare gli asset-backed securites (Abs). La nascita e la diffusione dei prodotti strutturati ha parzialmente svincolato la concessione del credito delle banche alle imprese e alle famiglie dal tasso di crescita dei depositi, in quanto i prestiti stessi “impacchettati” e ceduti alle banche acquirenti generavano liquidità per la concessione di nuovo credito alle banche venditrici.
La forte crescita finanziaria è stata resa possibile anche dai rating attribuiti agli Abs. In un mercato globale, con decine di migliaia di emittenti e di tipi di prodotti finanziari strutturati e non, è impossibile una accurata e consapevole valutazione da parte degli investitori dei rischi delle attività finanziarie complesse e poco trasparenti come gli Abs. Di qui il ricorso ai rating delle società specializzate.
Nella “catena produttiva” dell’industria finanziaria, tali società sono un punto strategico importantissimo perché determinano la fiducia dell’acquirente sulle attività finanziarie in cui investire ela possibilità di dare in garanzia prodotti strutturati per ottenere altro credito. Le loro valutazioni, anche se basate sulla più avanzata modellistica, hanno sottovalutato i rischi di credito e di liquidità degli Abs che si potevano manifestare in presenza di innalzamento del tasso di interesse da parte della Banca centrale.
Sicché, mentre l’espansione del credito raggiungeva clienti sempre più rischiosi, il mondo finanziario valutava gli strumenti finanziari come attività poco rischiose.
Come conseguenza si è avuto un forte aumento degli attivi, dei passivi e della rischiosità delle banche che non ha trovato ostacolo nelle regole di vigilanza. Ciò è accaduto perché anche le regole delle autorità di vigilanza si rifacevano alla stessa conoscenza teorica e applicata degli operatori di mercato e parte del credito veniva generato da società che non sottostavano alla vigilanza bancaria.

È POSSIBILE CHE NON CI SIANO STATI SEGNALI?

È possibile che non ci siano stati segnali che indicassero la presenza di uno squilibrio nel sistema in termini di liquidità e rischio?
In realtà, l’espansione del credito aveva causato un forte aumento dei prezzi degli immobili e delle aziende di alcuni settori industriali e finanziari. Infatti, a partire dal 2003 è iniziata una crescita accelerata dei prezzi e dei volumi del mercato immobiliare e dei mercati delle azioni, che è poi sfociata in una bolla speculativa. Si può definire tale lo scambio di attività a prezzi ben al di sopra del loro valore basato sui flussi di cassa futuri. Purtroppo però, le bolle speculative alimentate da eccessi di liquidità sono facili da individuare ex post, ma difficili da diagnosticare ex ante e nel loro svilupparsi (il “giusto” valore è sempre difficile da determinare). Pur essendo stata ipotizzata la possibilità che ci fosse una bolla nell’immobiliare e nell’azionario, non è stata considerata così probabile da consigliare variazioni del tasso di interesse da parte della Banca centrale. Dopo tutto, il Pil cresceva e l’inflazione era bassa: il sogno dei banchieri centrali. (2)
Perché il forte aumento dei rischi non è stato percepito? Gli indicatori dei potenziali rischi erano: la crescente leva finanziaria, ma c’erano gli strumenti di garanzia; la sproporzione enorme tra i capitali garantiti e il patrimonio netto dei garanti, ma c’erano strumenti di ripartizione e compensazione del rischio e modelli di valutazione rassicuranti delle agenzie di rating; c’erano inoltre nei bilanci valori attivi elevati ritenuti facilmente cedibili e quindi capaci di generare adeguata liquidità se necessario.
Vi furono cassandre che sottolinearono le problematiche legate all’elevata leva finanziaria delle banche oppure la presenza di elevati global financial imbalances, si pensi alla bilancia dei pagamenti, ma, in quel contesto sembrarono, appunto, cassandre.
Quando è emerso lo squilibrio? Quando la Fed, nella seconda metà del 2005, ha gradualmente iniziato ad aumentare i tassi. I primi segnali si sono avuti dapprima con il concretizzarsi del rischio di credito e poi con le insolvenze dei mutuatari, la caduta dei prezzi delle attività, l’insolvenza di istituti finanziari e assicurativi, il venir meno del mercato degli Abs. Il tutto è sfociato in fortissime deficienze di liquidità per il sistema bancario.
La crisi si è perciò manifestata con (i) perduranti deficienze di liquidità in un ampio sottoinsieme di banche, con conseguente carenza di attività finanziarie nell’attivo di tali banche da usare come collaterali per nuovi debiti a breve con cui ripagare i debiti a breve in scadenza; (ii) l’aumento dei rischi di insolvenze e il conseguente blocco del mercato interbancario a causa della sfiducia tra le banche; (iii) il blocco delle negoziazioni nei mercati obbligazionari e (iv) l’emergere di perdite e quindi di deficit di capitale soprattutto per un sottoinsieme di banche.
In sostanza, stiamo assistendo a una “bolla finanziaria negativa” che deriva direttamente da una crisi di liquidità delle istituzioni bancarie e finanziarie associata all’inizio di una recessione. Si realizza infatti una bolla finanziaria negativa quando c’è una crisi che forza le predette istituzioni a liquidare simultaneamente le loro attività finanziarie. Questo porta a una veloce e significativa riduzione dei prezzi delle attività finanziarie in modo persistente e ben al di sotto del loro “giusto” valore. (3)

COSA FARE?

Cosa fare perché tutto questo non si ripeta in futuro? Condividiamo il piano di emergenza varato dai governi europei anche se è fondamentale indicarne velocemente le linee applicative e con il sospetto che potrebbe essere non sufficiente.
Per quel che riguarda il medio e lungo periodo, riteniamo importante sottolineare che per rifondare il sistema finanziario si dovrà riconsiderare in modo congiunto e coordinato (i) il sistema di regolamentazione, (ii) il ruolo e il mercato delle agenzie di rating e (iii) la scelta della struttura monetaria da adottare. Quest'ultimo aspetto è praticamente assente nella dichiarazione finale del vertice del G20.
Per quanto riguarda la regolamentazione, la dichiarazione suggerisce che le regole internazionali devono assicurare ai regolatori la possibilità di rispondere rapidamente all’evoluzione e all’innovazione dei mercati e dei prodotti finanziari. Un aspetto da non trascurare però è che l’innovazione da un lato svolge un ruolo importante per la crescita, dall’altro è in genere una risposta ai vincoli che regolamentazione e tassazione impongono. Èquindi necessaria una regolamentazione che non sia costretta a “rincorrere” l’innovazione, ma che crei una struttura che generi i corretti incentivi all’innovazione.

(1) Il rating è un metodo utilizzato per classificare sia i titoli obbligazionari che le imprese in base alla loro rischiosità. I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, tra cui Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch Ratings.
(2) Nel periodo il tasso di inflazione annuo è variato tra il 2,27 e il 3,24 per cento ed è quindi rimasto a livelli abbastanza contenuti. Inoltre, la crescita del Pil reale è stata tra il 2,6 e il 3,6 per cento, quindi robusta.
(3) Sulla relazione tra bolle speculative e politica monetaria si veda Allen and Gale (2000) “Asset Price, Bubbles and Monetary Policy”, in Global Governance and Financial Crises edited by Meghnad Desai and Yahia Said, 19-42.

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